Ci ha lasciati un grande Pastore, padre e amico, mons. Luigi Negri. Vogliamo ricordarlo con questo suo magistrale intervento, fatto a braccio, dopo la conferenza tenuta dall'avv. Gianfranco Amato a Cagliari il 7 novembre 2019. Requiescat in pace.
La grandezza della testimonianza che ci è stata data ci esime dal fare discorsi.
Ci sono momenti, come questo, in cui non si devono fare discorsi. Si deve semplicemente accogliere una presenza che corrisponde al senso profondo della nostra vita. Può trattarsi di una presenza qualsiasi nel grande concerto dell’esistenza in cui l’uomo vive. Può trattarsi della presenza di una persona che non ha particolare rilievo, ma che quando parla mette a nudo la mia umanità.
Questa è l’autorevolezza di Dio. Chiunque parlando, dando testimonianza della sua vita, mette me in condizione di ritrovare la ragione ultima del mio vivere, del mio esistere, mi pone nella condizione di capire che la vita non è riconducibile a nessun calcolo, a nessun tipo di calcolo: intellettuale, positivo, biologico, affettivo, sessuale, politico, sociale. La vita non è una serie di calcoli, per cui funziona se il calcolo va bene, e non ha più valore se il calcolo va male.
Questa testimonianza afferma una grande verità, che la ragione umana, ancor prima della Chiesa, ha intuito e vissuto, ossia che, come diceva il grande Pascal, l’uomo supera infinitamente l’uomo. L’uomo è infinito nelle dimensioni che costituiscono il suo cuore. L’uomo va verso l’infinito. Non ci potrà essere nessuna meta umana, nessun obiettivo umano, nessun ideale umano capace di corrispondere veramente alla sua esistenza. Illusione e delusione si alternano in una vita non illuminata da Dio. Una vita senza Dio è meschina, triste. Perché è una vita che non ha senso e rotola insensibilmente, quasi senza consapevolezza, da un’origine strana e inconcepibile ad una fine obbiettivamente negativa.
Tanto appassionati quanto assurdi gli attuali termini del dibattito sulla coercibilità delle vaccinazioni anti-Covid, che, comunque, mettono in gioco, in bene o in male a seconda dei punti di vista, il diritto alla salute, e sul Green Pass, che, per quanto chez nous non ancora definito espressamente come “obbligatorio”, col fare dipendere dal suo possesso l’accesso a determinati luoghi incide su un altro diritto costituzionalmente garantito: la libertà di circolazione. Difatti, se ci si ferma alle questioni di principio, alle norme astratte, la soluzione di ogni questione al riguardo trova già pronto un percorso obbligato, una direzione ben precisa nella Costituzione senza necessità di sollecitare a conferma l’opinione di illustri giuristi. In materia sanitaria l’art. 32 autorizza interventi coercitivi a tutela della salute pubblica e individuale purché disposti con legge (“Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”). A sua volta l’art. 16 consente che la legge stabilisca in via generale limitazioni alla libertà di circolazione per motivi di sanità o di sicurezza.
Come quasi sempre nelle questioni di diritto – un complesso di regole intimamente connesse alla realtà della vita quotidiana –, occorre scendere dall’astratto al concreto (“Da mihi factum, dabo tibi jus” sintetizzavano gli Antichi). Il che comporta la necessità di previamente accertare se la situazione sanitaria del contesto nazionale (o, eventualmente, di quello più ristretto preso in considerazione) sia, di fatto, caratterizzata dalla presenza di patologie gravemente incidenti sulla salute collettiva e individuale e, in contemporanea, di medicamenti (nella fattispecie vaccini) in grado di contrastarle. Ugualmente se questa situazione sanitaria presenti caratteristiche tali da poter trarre giovamento dalla imposizione di limiti alla libertà di circolazione.
Partiamo dalla coercibilità delle vaccinazioni. Una questione che, dovendo avere ad oggetto ogni singola sostanza da iniettare, ha, in fatto, natura molto specifica e, in quanto tale, può trovare risposta non nei precedenti riguardanti altri vaccini e altre patologie (vaiolo, morbillo, pertosse ecc.), ma esclusivamente nella specifica patologia da prevenire o contrastare, negli studi e nelle sperimentazioni che ne hanno consentito il varo, nei controlli effettuati dalle autorità a ciò delegate secondo le modalità e formalità prescritte, nella sua composizione, nel suo modus operandi. E, ovviamente, sugli effetti, positivi o negativi, via via riscontrabili.
Martedì 22 giugno si è appreso che il 17 giugno, per conto e a nome della Santa Sede, Mons. Paul Richad Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati, ha trasmesso al governo italiano, una nota verbale di protesta per segnalare che alcuni contenuti della proposta legislativa contro l’omotransfobia nota, dal nome del suo primo proponente, come disegno di legge Zan , attualmente all’esame del Senato (dopo essere stata approvata dalla Camera), comporta violazioni del Concordato fra Stato e Chiesa, così come revisionato nel 1984. Le violazioni riguarderebbero (ma il condizionale è chiaramente di troppo) in particolare la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato.
Un’iniziativa sicuramente inaspettata. Tanto da un mondo cattolico, provato e intimidito da quella che, in maniera sempre più evidente nel periodo della pandemia da Covid 19 e del conseguente lockdown, è stata da molti sentita come una eccessiva remissività della Chiesa nei confronti dello Stato (iniziale totale chiusura dei luoghi di culto, rinuncia a troppe tradizionali celebrazioni, sostituzione all’ingresso nelle chiese dell’amuchina all’acqua benedetta ecc. ecc.). Quanto da parte di tutto quel mondo, politico e culturale del “pensiero unico”, sedicente “laico”, che ha proposto e sostiene come irrinunciabile il disegno di legge Zan. E’ di quest’ultima reazione, tutta all’insegna dell’ingerenza di un’entità estranea in vicende riservate alla sovranità dello Stato italiano, che intendo qui occuparmi, prendendo a riferimento, come tipiche, le dichiarazioni del presidente della Camera dei deputati Roberto Fico e dello stesso on. Alessandro Zan. Il primo si è affrettato, a mettere in campo l’assoluta libertà del legislatore, presentato, in quanto tale, come legibus solutus. Difatti: “Il Parlamento è sovrano, i parlamentari decidono in modo indipendente quello che voglio votare. Il Ddl Zan è già passato alla Camera e adesso è in Senato, noi come Parlamento non accettiamo ingerenze. Il Parlamento è sovrano e tale rimane sempre”.
AZIONI LEGALI E IMPUGNAZIONE DEI “DECRETI CONTE” IN OCCASIONE DELL’EPIDEMIA DA “CORONAVIRUS”
Accogliamo con estremo favore l’iniziativa assunta da altri colleghi e gruppi associativi, tra cui in particolare spicca il Centro Studi Rosario Livatino, che stanno proponendo iniziative legali e impugnazioni al TAR avverso i Dpcm emanati dal governo Conte.
Come Giuristi per la Vita, condanniamo la estrema tardività degli interventi da parte del legislatore e, nel contempo, la grave illiceità del modus procedendi nel gestire la crisi dal punto di vista politico, normativo ed esecutivo.
Per questo valuteremo di intraprendere ogni più opportuna iniziativa, nelle sedi di legge, contro i Dpcm, così come sosterremo analoghe inizitive di altri soggetti, ponendoci in tal modo a disposizione di tutti coloro che ci hanno chiesto un intervento chiaro e netto.
Aiuteremo i sacerdoti che saranno e sono stati sanzionati mentre celebrano le Sante Messe aperte al pubblico, pur adottando idonee misure di sicurezza e distanziamento. Aiuteremo in questo i Vescovi che ce lo hanno chiesto, e tutti i cittadini e le famiglie, i padri di famiglia sanzionati nell’esercizio di diritti fondamentali della persona, gravemente ed illecitamente compromessi e ristretti da meri atti amministrativi monocratici (i dpcm del presidente Conte) senza alcun controllo da parte di leggi statali e quindi del parlamento.
I due decreti legge governativi, hanno solo genericamente descritto (in spregio all’art. 77 della Costituzione e alla legge 400/1988) i casi di possibili restrizioni delle libertà civili delegando ad una componente del potere esecutivo, il Presidente del Consiglio dei ministri, la titolarità di scelta dei tipi di misura da adottare (i “casi”) e il grado d’intensità (i “modi”).
Intervista esclusiva dell'Avv. Gianfranco Amato al sito "Informazione Cattolica"
27 Aprile 2020
“L’Unione Europea si è ormai ridotta a finanza e burocrazia. I vescovi dovrebbero sapere bene che l’Europa dei poteri forti e delle consorterie massoniche, l’Europa della lobby multinazionali, l’Europa della perniciosa ideologia del politically correct, l’Europa delle lobby omosessualiste, l’Europa del laicismo anticristiano, l’Europa del multiculturalismo scriteriato, l’Europa del ‘neutralismo valoriale’, è un’Europa nemica dei popoli”.
Lo dice in questa intervista esclusiva Gianfranco Amato. Nativo di Varese, laureato in giurisprudenza presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Amato esercita la professione di avvocato dal 1988, ed opera attivamente nel campo della bioetica. Editorialista di Avvenire, collabora con Studia Moralia (rivista scientifica dell’Istituto Superiore di Teologia morale “Accademia Alfonsiana” incorporato nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense), e con la rivista “Orientamenti Pastorali” del COP Centro Orientamenti Pastorali. Collabora, altresì, con il quotidiano “La Croce”, con CulturaCattolica.it, con “La Nuova Bussola Quotidiana”, con la rivista “Il Timone”, ed altre testate giornalistiche cattoliche.
L’avvocato Gianfranco Amato è il presidente nazionale dell’organizzazione Giuristi per la Vita ed è stato uno degli organizzatori del Family Day. Componente del Comitato d’Indirizzo della Fondazione Novae Terrae, l’avvocato Amato è Cavaliere dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e Delegato della Delegazione di Grosseto dello stesso Ordine.
In ambito internazionale l’avv. Amato, rappresentante per l’Italia dell’organizzazione internazionale Advocates International, è membro e consulente legale dell’organizzazione britannica CORE Comment on Reproductive Ethics, con sede a Londra, per conto della quale coopera in diverse azioni legali intentante su tematiche bioetiche. Sempre a livello internazionale, collabora, come allied attorney, con l’organizzazione statunitense A.D.F. Alliance Defending Freedom, composta da avvocati che si occupano di temi inerenti alla libertà religiosa ed alla bioetica.
Avvocato Amato, parliamo di pandemia del coronavirus. Che idea si è fatto dal punto di vista sociale-sanitario?
“Non dovevamo certo aspettare il coronavirus e l’emergenza pandemica Covid-19 per capire quanto fosse precaria la vita su questa terra. Non occorreva, infatti, questo flagello planetario per farci comprendere che l’esistenza dell’uomo non è altro che un battito di ciglia rispetto all’eternità. Questo lo sapevamo già. Ciò che, semmai, il coronavirus ha messo in evidenza è la precarietà di tutta la struttura sociale, politica, economica che l’uomo moderno ha costruito. Pochi immaginavano che potesse davvero rivelarsi così caduca, fragile e transitoria la società liberale, la società cosiddetta del futuro, la società della tecnica e della scienza, la società dell’istinto dominatore dell’uomo. È stata sufficiente un’entità microscopica come questo virus per mostrare che la dimensione della precarietà non appartiene solo all’esistenza individuale di ciascun uomo ma che è una caratteristica ineludibile dell’intera umanità, con tutte le sue istituzioni politiche, economiche, sociali, militari. L’uomo moderno si è trovato all’improvviso difronte ad una verità che ha sempre voluto censurare a se stesso e agli altri. Il potere, la politica, l’economia, il business, la finanza, le facili distrazioni mediatiche, sono maschere che non riescono più a nascondere un’evidenza oggettiva: la condizione di tutta l’umanità è dettata da una precarietà assoluta. Troppi ancora oggi, difronte al senso collettivo di precarietà e di morte che il coronavirus sta disseminando a livello planetario, tentano di rifugiarsi nel proprio particolare, nei propri interessi, nei propri affari, nei propri affetti cercando in essi una stabilità che non gli potranno mai dare. Tutto è precario. Tutto passa. Mai come nelle circostanze imposte dall’attuale pandemia ci appare vero che l’unica e autentica stabilità è quella fondata su Gesù Cristo e la sua Croce. Mai come in questo tempo appare vero l’antico motto dei Certosini: «Stat Crux, dum voltitur orbis». Solo la croce resta stabile nel vorticoso turbinio della precarietà del mondo”.
COMUNICATO STAMPA DEL 21 APRILE 2020 – ABORTO CHIMICO
CONTRO L’ABOMINEVOLE BATTAGLIA PER INCENTIVARE L’ABORTO CHIMICO A
DOMICILIO CON IL PRETESTO DELLA PANDEMIA
L’Associazione Giuristi per la Vita
accoglie e aderisce alla campagna CONTRO l’aborto chimico a domicilio effettuato mediante pillola RU-486 attraverso operazioni di Tele-medicina da remoto o per via telefonica, richiesto con una lettera ai governi europei da parte di ONG nazionali ed internazionali capeggiate da Save the Children, Amnesty International, Human Rights Watch, Planned Parenthood, la sigla sindacale CGIL, le associazioni femministe Non Una di Meno, LAIGA, personaggi pubblici come Roberto Saviano, Laura Boldrini, Valeria Fedeli, Lea Melandri, Marco Cappato, Livia Turco Occorre porre una debita premessa: l’aborto è sempre e solo soppressione di una vita umana innocente senza se e senza ma. Con tale lettera, invero, le suddette ONG puntano a:
incrementare l’aborto fai-da-te tornando ad aborti praticati in ambiente domestico, che ricordano le “antiche pratiche” degli aborti clandestini, tanto vituperati dalla classe politica che volle l’introduzione della famigerata legge 194/1978 - aumento del tasso di mortalità causato dalla RU-486, di 10 volte superiore all’aborto chirurgico;
obbligo per la paziente, in caso di aborto incompleto con RU-486, di recarsi tempestivamente al Pronto Soccorso per la revisione della cavità uterina, aggravando rischi di contagio per il Covid-19 e con una totale violazione dei diritti del personale sanitario obiettore che sarà costretto a completare l’uccisione del bambino, ancorato all’utero materno;
aumento esponenziale dei sintomi da Sindrome Post Aborto, per la visione diretta del corpicino espulso già dotato di fisionomia umana ben distinguibile;
bypassare l’obbligo dei 7 giorni di riflessione previsti dalla legge 194/78, portando medici abortisti a compiere, di fatto, un falso ideologico per forzare e accelerare la procedura di aborto;
non poter applicare le procedure a base di progesterone per contrastare gli effetti della pillola abortiva qualora la gestante se ne dovesse pentire.
Invitiamo chiunque sia a favore della Vita e contro questo scempio, ad aderire a tale campagna di intervento insieme ad altre associazioni Pro Life e a sensibilizzare sul tema quanti più cittadini possibili e a contattarci per l’adesione alla seguente mail: giuristiperlavita @ gmail.com
Come ha evidenziato l'articolo di Claudio Giovannico “Ipertrofia normativa e incertezza del diritto ai tempi del Covid-19” pubblicato in questa Rivista (*), la politica di contrasto all'epidemia di Covid-19 si è realizzata attraverso una valanga di provvedimenti sia delle autorità centrali che di quelle locali, spesso caratterizzati questi ultimi da regole e limiti più stringenti. Un'alluvione normativa che non solo ha costretto i cittadini ad acrobazie interpretative per adeguarsi a precetti dai contorni incerti, non di rado sovrapposti e contraddittori, ma ha anche aggravato un problema che, pur lasciato sullo sfondo dalle preoccupazioni per l'imperversare del morbo e il numero dei decessi, è connaturato a “misure di contenimento” incidenti sulle libertà garantite ai cittadini dalla Costituzione. In altri termini una questione di legittimità costituzionale, vitale per un democratico Stato di diritto, che non può essere risoltain base al semplice richiamo formale all'art. 16 della Costituzione, pur se è a questa disposizione,che prevede la possibilità di stabilire per legge limitazioni alla libertà di circolazione e di soggiorno “per motivi di sanità o di sicurezza”, che occorre rivolgersi per accertare la conformità costituzionale tanto del decreto legge n. 6 del 23/2/2020 (convertito nella legge n. 12 del successivo 5 marzo) e dei conseguenti provvedimenti applicativi, quanto del successivo d.l. 25/3/2020 n. 19, parzialmente abrogativo del precedente, entrato in vigore il 26 marzo 2020.
L'ASSOCIAZIONE GIURISTI PER LA VITA, POICHE' NON FRUISCE DEL 5X1000, VI INVITA A DEVOLVERLO A PROVITA ONLUS
Il tuo 5x1000 vale! Donalo a Pro Vita onlus per sostenere le campagne per la vita e la famiglia! Indica nella dichiarazione dei redditi il Codice Fiscale: 94040860226
Davanti alla proposta sull’aborto approvata in Alabama bisogna chiedersi: si tratta di una legge giusta, posta a tutela della vita del nascituro, o ingiusta? La risposta è che questa legge rimane ingiusta, perché non è mai moralmente lecito procurare volutamente la soppressione del nascituro, ma è meno ingiusta rispetto alle norme tuttora vigenti. E si spera possa innescare effetti positivi, come una revisione della tematica abortiva con il concorso della Corte Suprema.
Il testo di legge in materia di aborto che ha ricevuto la firma del governatore dell’Alabama Kay Ivey, e la cui entrata in vigore è prevista tra sei mesi, riporta il seguente titolo: “Legge dell’Alabama per la tutela della vita umana”. Il titolo corrisponde al contenuto della legge? In altri termini: si tratta di una legge giusta, posta a tutela della vita del nascituro, o ingiusta? La risposta è la seguente: questa legge è intrinsecamente ingiusta, seppur sia una proposta meno ingiusta rispetto alla legge tuttora vigente in Alabama e rispetto ad altre leggi sull’aborto. Per provarlo andiamo ad esaminare per sommi capi l’articolato di legge (https://legiscan.com/AL/text/HB314/id/1980843).
Il cuore della proposta è la sezione 4: “Abortire è consentito se un medico curante con licenza in Alabama stabilisce che è necessario abortire per prevenire gravi rischi per la salute della madre del nascituro”. Inoltre nella sezione 3 si afferma che è legittimo abortire “quando il nascituro ha un’anomalia letale” per la sua stessa sopravvivenza. Infine è legittimo l’aborto se la donna, affetta da una grave patologia mentale, è a rischio suicidio oppure rischia di ricorrere all’aborto clandestino (sezione 3).
Ricordiamo che non è mai moralmente lecito abortire, ossia volere la soppressione di un nascituro innocente. Non è mai permesso nemmeno perseguendo il fine buono di tutelare la salute o la vita della madre. Dunque, dato che questo disegno di legge legittima l’aborto e dato che mai si può legittimare il male, ne consegue che tale disegno di legge è intrinsecamente ingiusto.
I Giuristi per la Vita hanno aderito all’iniziativa «Un manifesto per l’Europa», nel cui ambito, il 25 gennaio verrà proiettata una video intervista dell'Avv. Gianfranco Amato.
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